Cenni storici
L’edificio si erge sul promontorio dell’Olgiasca nella porzione superiore del lago di Como e fa parte di una serie di fondazioni benedettine della seconda metà dell’XI secolo. Un cippo in marmo bianco ora sito sotto i portici dell’abbazia testimonia con la sua iscrizione1 una prima edificazione risalente al 616 d.C.. Il vescovo di Como, Agrippino, volle erigere un oratorio, dedicandolo a Santa Giustina, nel decimo anno della sua ordinazione. Questo primo asceterio voleva forse essere un monastero femminile, come indicherebbe la sua dedicazione; altri ritengono invece che qui vi si insediassero monaci cluniacensi provenienti dall’abbazia di San Pietro in Vallate2 . Nel 1138 viene consacrata dall’allora vescovo di Como Ardizzone una nuova chiesa, più grande ed in stile romanico dedicata alla Beata Vergine Maria. Nel 1154 viene testimoniato un ampliamento dell’edificio ed una consacrazione a San Nicola di Bari. In un documento del 1256 conservato presso la curia di Como, il centro monastico di Piona viene indicato come uno dei dodici monasteri più ricchi di tutta la diocesi comasca. Rimaneva comunque un monastero di piccole dimensioni ospitante all’incirca una decina di monaci. Tra il 1252 e il 1257, come testimoniato da due iscrizioni marmoree, viene edificato l’annesso chiostro, per volere del priore Ser Bonacorso de Canova di Gravedona. Con l’avvento della Repubblica Cisalpina finisce la storia monastica del luogo (già passato a commenda negli anni Ottanta del XV secolo), i cui beni vengono incamerati nel Dipartimento dell’Adda, e con successivo passaggio a proprietà privata, fino al ritorno per volere della famiglia Rocca dei monaci cistercensi di Casamari nel 1938.

Architettura
L’edificio di modeste dimensioni si articola in una navata unica (lunga 20 metri e larga 8) senza transetto terminante in un’abside semicircolare. La facciata a capanna presenta una muratura non troppo raffinata interrotta nella parte superiore da una monofora con arco a tutto sesto. Archetti ciechi seguono gli spioventi del tetto a decorazione della facciata e proseguono lungo i muri laterali. Qui vengono suddivisi in gruppi di tre separati da lesene che incorniciano le monofore a tutto sesto e doppio strombo. L’abside semicircolare è la parte più finemente lavorata, composta da conci squadrati accostati con poca malta. Viene anch’essa decorata con archetti ciechi con mensole larghe. La luce all’interno viene porta da due monofore fortemente strombate, mentre la monofora centrale venne chiusa poco dopo la costruzione per ospitare gli affreschi del semicatino absidale. La lettura della muratura ci rivela tranquillamente l’esistenza di due successive e ravvicinate fasi costruttive, dovute ad un ampliamento probabilmente realizzato nel 1154. La chiesa in origine era più corta e preceduta in facciata da un atrio che molto probabilmente ospitava i pellegrini. Tale atrio si sviluppava in altezza meno rispetto all’edificio sacro. Con l’ampliamento si è reso necessario inglobare tale parte nella chiesa, alzandone le pareti e spostando in avanti la facciata, ora coincidente con l’estremità dell’antico atrio. Nella attuale facciata rimane infatti ben leggibile il passaggio tra le due fasi con l’innalzamento della muratura. Due fasi individuabili d’altronde lungo tutto l’edificio; vediamo infatti come omogeni nella loro realizzazione la parte orientale dell’edificio, la parte inferiore della zona occidentale delle pareti e la parte inferiore della facciata, ascrivibili tutti alla prima edificazione. Alla seconda fase risalgono invece la parte superiore della facciata e la metà superiore delle pareti occidentali. Altra particolarità dell’architettura di questa chiesa immediatamente leggibile alla vista è il non parallelismo dei muri laterali, che convergono verso l’abside il cui diametro è inferiore alla larghezza dell’attuale facciata, denotando un andamento trapezoidale. La navata ha copertura lignea piana, a travatura orizzontale, mentre il presbiterio sopraelevato si chiude con una volta a botte prima di immettersi nel semicatino absidale. All’esterno quest’ultimo presenta invece una copertura fortemente piramidale di influsso francese. Il campanile originale sorgeva lungo il lato meridionale della chiesa. Di base quadrata si sviluppava con una sopraelevazione ottagonale, molto simile a quello di qualche decennio posteriore di Santa Maria del Tiglio a Gravedona; uno sviluppo che risente già degli influssi gotici d’Oltralpe. Alle spalle dell’attuale abside, rimangono i ruderi di un abside altomedioevale, realizzata con materiale di recupero, e con dimensioni che testimoniano una costruzione piccola e raccolta, col tempo degradatasi e quindi andata distrutta. Secondo alcuni rispecchierebbe il secondo coro cluniacense, usato sia per le officiature dei defunti sia come chiesa dell’infermeria. Anomala tuttavia la sua sopraelevazione rispetto alla chiesa maggiore e senza comunicazione diretta dalla sala del capitolo e dal primo coro. Pur tenendo presente la natura del terreno e lo sfruttare anche per la chiesa di san Nicolò i banchi di roccia per la fondazione degli edifici, non riesco a essere certa che questo edificio abbia avuto la funzione di secondo coro, con la dedicazione a Santa Maria come in Santa Maria di Cluny, non essendo le due costruzioni perfettamente allineate in orientamento, ma andando la prima nel suo sviluppo ad incrociarsi con il secondo edificio, senza spazio sufficiente per una coesistenza.

Gli affreschi
Una volta tutta la superficie interna della chiesa era affrescata, ma l’apporto di acqua dall’esterno e l’azione erosiva dell’umidità dell’ambiente ne hanno determinato il forte deperimento, a seguito del quale rimangono oggi lungo i muri della navata solo piccole tracce. Nella volta dell’abside, quasi illeggibile, vi è una Majestas Domini, col Cristo sorretto dai quattro simboli evangelici. Al di sotto, nel semitamburo, sono affrescati i dodici apostoli. Nella antistante volta a botte del presbiterio sono frescati ancora gli apostoli ai lati e nella parte centrale, per quanto possibile leggere, si deduce la presenza di un clipeo contente probabilmente il Cristo sorretto da quattro angeli. Qui lavorarono due differenti maestranze, che operarono entrambe agli inizi del XIII secolo seppur ad una quindicina di anni di distanza. Entrambe risentono ancora fortemente degli influssi bizantineggianti, conferendo ai soggetti una postura ieratica.

Il chiostro
Il chiostro fu voluto dal priore Bonacorso di Gravedona e realizzato tra il 1252 ed il 1257, pertanto molto dopo la costruzione della chiesa. Presenta una pianta quadrangolare in cui i lati sono diseguali sia per lunghezza che per larghezza e sono posti su livelli di calpestio differenti. Si susseguono 40 colonne in marmo bianco e 4 pilastri a fasce bianche e nere. In questa struttura così asimmetrica emergono tuttavia elementi romanici e gotici. Molto eleganti risultano essere gli archi a tutto sesto con doppia ghiera all’esterno e profilature in cotto all’interno. Sono impostati su bellissimi capitelli che risentono degli influssi iconografici d’Oltralpe. Decorati per lo più con motivi di foglie e fiori, racchiudono anche mostri, serpenti, aquile dalle ali spiegate e figure umane dai volti ben definiti: figure allegoriche molto care alla riforma cluniacense. Le linee scultoree sono sinuose e i rilievi morbidi. L’artista ha qui voluto creare un’inscindibile unione tra la parte architettonica (archi e colonnine) e la parte scolpita (i capitelli) conferendo linearità ed armonia all’opera. Non si hanno notizie sulle maestranze che vi lavorarono anche se pare plausibile ricondurli a maestranze locali pur con influssi borgognoni. Sulle pareti rimangono diverse testimonianze di affreschi ascrivibili al XIII-XV secolo. L’opera più antica, racchiusa da una lunetta al di sopra della porta che conduce in chiesa, rappresenta San Benedetto benedicente. Seppure frammentaria, vi si leggono affinità con gli affreschi absidali e quindi databile ai primi decenni del XIII secolo. Interessante la contrapposizione realizzata sulla parete opposta: ancora una volta troviamo San Benedetto, ma qui fugge dalla tentazione. Il diavolo, sotto le menzognere sembianze di donna riccamente abbigliata, tenta il monaco che, pur di riuscire a fuggirle, si getta nudo sui rovi. Alcuni particolari di quest’opera sono come esecuzione riconducibili a miniature milanesi databili agli anni cinquanta del XIII secolo. Lungo la parete nord del chiostro troviamo la porzione più ampia di affresco: il Ciclo dei mesi. Le immagini sono divise in due registri, superiore ed inferiore, e ulteriormente racchiuse in riquadri. Nella parte superiore sono istoriati i mesi con la personificazione dei lavori (da febbraio a settembre); nella parte inferiore i santi la cui festa cade nel mese corrispondente. Un affresco dal tema particolare, molto diffuso nell’arco alpino e che ritroviamo spesso nel Canton Ticino, che rappresentando i mesi in modo simbolico, racconta e testimonia la vita quotidiana dell’epoca. Si tratta di una striscia simile ad un fumetto di non elevata fattura artistica che rappresenta i lavori agricoli tipici del periodo in tono gentile ma anche ingenuo in cui non manca la vivacità del quotidiano. La datazione di quest’opera oscilla tra il XII e la fine del XIII secolo a seconda se la si consideri già presente sul muro esterno della chiesa o realizzata ad hoc dopo la costruzione del chiostro. Ultimo frammento di affresco è quello interpretato come “Noli me tangere”, secondo quanto riportato nel cartiglio alla destra di Cristo. In base a questa interpretazione la figura femminile a destra, molto consunta, sarebbe la Maddalena. L’ampio panneggio e il volto di Cristo fanno pensare ad una realizzazione della fine del XIV secolo. Purtroppo lo stato frammentario del dipinto, che nella parte inferiore aveva visto la sovrapposizione di un altro affresco, non ne permette un’analisi stilistica completa.

inizio della storia di Piona
La storia di Piona inizia nell’anno 616: il vescovo di Como Agrippino fece costruire qui un oratorio, dedicato a Santa Giustina. Una lapide di marmo scolpita in latino ricorda la fondazione, la lapide oggi è esposta nel chiostro dell’Abbazia. Si pensa che la piccola struttura diroccata che rimane dietro la chiesa sia proprio l’abside dell’oratorio di Santa Giustina

Piona una abbazia benedettina.
L’ordine benedettino fu fondato da San Benedetto da Norcia, che nacque tra il 480 e il 490. La regola benedettiva affianca alla preghiera il lavoro. I monaci devono dedicarsi alla preghiera 7 volte al giorno, e il tempo che rimane devono dedicarlo ai lavori manuali o intellettuali che l’abate ha loro assegnato. In questo modo possono soddisfare i bisogni della comunità. Al lavoro viene dato un grande valore anche sul piano ascetico: il lavoro è considerato un mezzo di santificazione perché finalizzato alla edificazione della Civitas Dei nel mondo.Per tutti i secoli successivi i monasteri benedettini divennero fondamentali centri culturali, per la conservazione del patrimonio culturale dell’antichtà e per la educazione dei giovani

Cluny
Alla fine del primo millennio le abbazie benedettine italiane era andate in crisi sia per effetto del dissolvimento dell’impero di Carlo Magno, sia per effetto delle diverse invasioni dei barbari e dei saraceni.A cavallo del millennio l’ordine benedettino invece si sviluppò molto dal quel grande centro religioso che fu il monastero di Cluny in Borgogna. Il monastero di Cluny, fondato nel 908, divenne in poco tempo un centro di riforma dell’ordine benedettino. La congregazione di Cluny contribuì in modo determinate alla riforma generale della Chiesa dei primi secoli dopo l’anno 1000Nei secoli successivi vennero fondati più di 1000 monasteri cluniacensi in Francia, in Germania e in Italia.In Italia in particolare vennero fondati 77 monasteri cluniacensi, tra cui PionaOltre all’ordine dei cluniacensi nacque anche la congregazine dei benedettini cistercensi, dall’altro convento di Citeaux, sempre in Borgogna

I Benedettini a Piona
Attorno all’anno 1000 l’Italia settentrionale era di fatto annessa all’impero, dai dempi degli imperatore Ottone I e dei suoi successori Non si conosce l’anno esatto in cui i benedettini cluniacensi vennero qui e fondarono la abbazia. Sappiamo però che negli anni che vanno dal 1078 al 1107 furono fondati non lontano da qui altre tre abbazie cluniacensi, prima tra tutte San Pietro di Vallate, di Cosio Valtellino. Per questo è logico pensare che siano attorno alla fine del 1100.Questo è un punto che doveva sembrare particolarmente adatto alla massima ora et labora dei benedettini. Lo splendido anfiteatro di montagne innevate una vita serena e di preghiera, e la coltivazione vicino al lago dei frutteti e dei vigneti, e la pesca del pesce di lago

La chiesa
La chiesa fu costruita quando probabilmente i monaci già si erano stabiliti qui da un po’ di anni, forse decenni. La chiesa fu inizialmente dedicata a Santa Maria e fu consacrata dal vescovo di Como Ardizzone nel 1138Nel 1154 i monaci di Piona dedicarono la chiesa a San Nicolò. Forse perchè San Nicolò era il protettore dei naviganti e dei pescatori, e in quel tempo molti erano quelli che navigavano il lago e quelli che pescavano nel lago. La pesca era un fondamentale mezzo di sostentamento delle famiglie del lugoLa chiesa ha una sola navata, e i muri di pietra calcare che sono tipici delle chiese dell’anno 1000. La luce arriva solo dall’alto, da sottili finestre a feritoia. L’abside è decorato con un affresco che rappresenta Cristo con i 4 evangelisti, e sotto di lui gli apostoli

Il Chiostro
Il chiostro di Piona è un capolavoro del Romanico Lombardo. Fu fatto costruire a proprie spese dall’allora priore di Piona Bonaccorso da Gravedona.Il chiostro fu ultimato nell’anno 1252 e fu costruito dai Maestri Comacini I Maestri Comacini furono una corporazione di costruttori, architetti e muratori nata nella zona del Comasco già nell’ottavo secolo dopo Cristo, e che nei secoli successivi divenne sempre più importante. I Maestri Comacini portarono il loro lavoro di architetti e di costruttori in tutta l’Italia Settentrionale e verso Nord in Svizzera e in Germania.Furoni i primi maestri del Romanico Lombardo con la loro architettura improntata a un grande senso di spiritualità.Il chiostro di Piona ha le 4 gallerie tutte diverse tra loro per livello, per cui percorrendo il chiostro da sinistra in senso orario si sale sempre verso l’alto. Tutta la struttura ha un senso di movimento che ricorda l’operosità dei monaci regola dei BenedettiniSul muro della galleria a sinistra un affresco che rappresenta il calendario con i lavori dell’anno, mese per mese, secondo le regole benedettineA metà della seconda galleria si entra nella sala capitolare, che dopo la chiesa è il punto più importante della abbazie. Qui nella sala capitolare ci sono gli stalli sono stalli veneziani del 1700 portati qui da San Zeno in Verona.Nel chiostro si respira un’aria di spiritualità che rimane dentro di noi anche dopo che siamo andati via